Questa meravigliosa poesia di Chandra Livia Candiani dà significato in modo meraviglioso e completo al titolo di questa riflessione su un tema così importante come quello della compassion e della self-compassion.
"Imparo a guardare
a imprestare lo sguardo
a chi ha urgenza di tana
imparo a ospitare.
Custodisco con cura le parole
poi le silenzio per il suono
di un’altra lingua
per questo sentire nostro
acuto e pugnalante
che non attenua gli urti
lascia il male cosí com’è
e accoglie tutte le ferite
come cani randagi
con improvvisate ciotole d’acqua
e parole poche smarrite
maldestre. Mani grandi
sorrisi abitabili.
Vivere è ospitare."
Paul Gilbert, psicologo inglese, è stato il pioniere della compassion , intesa come prendersi cura di sè.
Compassion è sensibilità a diminuire la sofferenza che c'è in noi stessi e negli altri, ma non è solo essere gentili, amare o aiutare gli altri, perchè per essere compassionevoli ci vogliono coraggio e saggezza , proprio per riuscire ad agire nel modo più consono rispetto alla problematica da affrontare. Gilbert racconta che se si pensa a un pompiere che deve salvare una intera famiglia o ai medici che devono salvare i loro pazienti affetti da Covid non possiamo pensare basti la voglia di aiutare, ci vogliono coraggio e conoscenze.
Cosa ci può aiutare ad affrontare le nostre difficoltà? Imparare ad essere Mindful, cioè presenti e consapevoli. Porre un'attenzione affettuosa a ciò che sentiamo nel corpo, ai nostri dolori e alle nostre sofferenze, ai nostri pattern reattivi come la paura e la rabbia, l' ansia, vergogna, al nostro ipercriticismo costantemente presente e, in un secondo tempo, passare a tollerare questa sofferenza e cercare di comprendere cosa c'è dietro a tutto questo. Ciò che è importante è cercare di non entrare in una modalità di rifiuto o evitante di quello che si sente e soprattutto di non giudicare i pensieri che affiorano nel nostro panorama interno. Il problema è infatti rappresentato dalla nostra mente, che è molto complicata! Per questo bisogna essere compassionevoli e non darsi delle colpe, piuttosto cercare di capire e scegliere di aiutarsi, aiutare gli altri e non farsi o fare del male. Questa può diventare la nostra nuova motivazione, anche se non è sempre facile.
Due domande allora potrebbero farci da guida nel nostro cammino di guarigione:
Quando siamo nella nostra mente impaurita , angosciata o piena di rabbia faremmo sicuramente fatica a rispondere a queste domande, perchè spesso è la voglia di evitare e fuggire che prende il sopravvento su tutto. Fuggire da tutto quel malessere, magari riempiendoci di cose da fare.
La mente piena di compassione invece, proverebbe a voler affrontare un passo alla volta la situazione dolorosa, perchè sarebbe aperta e ricettiva alla sofferenza, senza escluderla e saprebbe trovare risposte alla sofferenza.
Quando si entra in questa nuova modalità si inizia a pensare in modo molto differente. Gilbert dice che il nostro corpo può aiutarci, magari modificando la sua postura, per eseguire respirazioni consapevoli con schiena diritta e petto ben aperto. Propone di fare questo esercizio per 2 minuti: inspirare per 5 secondi, conservare l'aria per qualche istante senza sforzo alcuno, ed espirare per altri 5 secondi, consapevoli di cosa sente il corpo, soprattutto mentre si espira . Si avvertiranno i seguenti cambiamenti nel corpo:
A quel punto ci si potrebbe immaginare mentre si è in una gentili con un amico. E' un bell'esercizio. Poi utilizzare quella stessa modalità di gentilezza verso noi stessi, i nostri pensieri, verso i nostri comportamenti che non ci piacciono, senza più sgridarci severamente e biasimarci.
Vale proprio la pena di provare a non essere più violentemente giudicanti verso noi stessi e gli altri, imparando a contattare quella parte di noi sana, saggia, aperta e coraggiosa. A quel punto possiamo permetterci di ospitare diverse emozioni e sentimenti di paura e di ansia ma, tenendo attenzione e concentrazione su cosa bisogna fare, esattamente come farebbero un medico o un pompiere, ci si potrebbe continuare a spostare dalla motivazione del fare a quella dell'essere, del prendersi cura, in modo aperto.
Queste nuove teorie di compassion e self compassion fanno riferimento e prendono spunto, in particolar modo, dal buddhismo di tradizione Theravada, oltre che da tutte le nuove teorie neuroscientifiche e al loro approccio evoluzionistico.
Per concludere ecco come Gilbert, fondatore e ideatore della Compassion focused therapy ( CFT )definisce gli attributi della compassion:
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Laura Dajelli