Mangio quindi sono

Il corpo è fonte dei nostri complessi più disturbanti, ma anche delle emozioni e dei più alti valori. C. Jung

Molto spesso mangiamo per abitudine e non per scelta, magari per noia, anche per fame perché no, ma in una costante guerra con il nostro corpo che altrettanto spesso maltrattiamo, offrendogli cibo spazzatura, aromi artificiali e poca sostanza, a volte con porzioni troppo misere, a volte troppo generose, dimenticando di entrare in un contatto vero con noi stessi, attraverso una comunicazione di tipo non violento.

 Scrive Victor E. Frankl  che "tra lo stimolo e la risposta c’è uno spazio, in questo spazio abbiamo il potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta risiede la nostra crescita e la nostra libertà”

Allora quando  si presenta lo stimolo della fame, potrebbe essere  interessante chiedersi

  • se si desidera  quel cibo o se se ne ha bisogno
  • qual è la differenza tra bisogno e desiderio
  • quali sono i nostri veri bisogni.

Negli Yogasutra di Patanjali viene utilizzato un termine sanscrito, bhoga per indicare un’azione che ha la proprietà di soddisfare prima di tutto il proprio ego, i piaceri materiali di natura affettiva o psichica. In effetti l’atto di cibarsi è istintivo: col cibo ci gratifichiamo e ci consoliamo, almeno apparentemente,  per poi magari pentircene subito dopo averlo assunto. Spesso l’aspetto compulsivo nei confronti del cibo  sembra avere le proprietà di colmare i nostri vuoti, la voragine che a volte avvertiamo dentro, nel profondo, che  sembra essere incolmabile. L’aspetto  invece della  rinuncia ha maggiormente a che fare con la nostra idea di essere più forti dell’istinto di assumere cibo e quindi ha a che fare con il controllo, fino  anche a morirne.

Il rapporto tra il cibo e il corpo è veramente così difficile, perché è un intreccio di fisico, di emotivo, di  spirituale, di nostre storie personali.“Il corpo è un filtro del linguaggio della nostra psiche...rappresenta la storia del proprio vissuto, investito dai conflitti psicologici dell’infanzia, impressi in lui", scrive Richard Pearson, maestro di massaggio psicocorporeo.

Mai, come con il rapporto con il cibo, si tendono a mettere in atto vecchi schemi ripetitivi e piloti automatici, poiché nel reiterare troviamo sicurezza. Abbiamo veramente sempre fame o  a volte avremmo bisogno di un bell’abbraccio, di una considerazione di stima, di essere “visti” da qualcuno  che amiamo, di sentirci utili?

Patanjali, negli Yogasutra ci dà sempre una risposta adeguata per comprendere i meccanismi che stanno dietro alle nostre azioni, parlandoci  dei  kleśa, che sono i nostri  5 nodi, o afflizioni

  1. vidyā
  2. asmitā
  3. rāga
  4. dvesa
  5. abhinivesha

che

  1. inducono sofferenza
  2. condizionano le nostre azioni,
  3. condizionano le scelte che compiamo in ogni istante della vita e soprattutto
  4. condizionano l’orientamento dei nostri processi mentali.

Partire dal corpo, dal respiro, con pratiche fisiche adeguate, può servire per iniziare a destrutturare i nostri comportamenti abituali, i nostri costrutti, i pattern reattivi, che hanno sempre radici nel nostro passato.

Può anche essere importante iniziare a chiedersi cosa abbiamo paura di perdere?

 

 

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