... si deve essere luce a se stessi. La luce è la Legge. Ogni altra legge è costruita dal pensiero e come tale frammentaria e contraddittoria. Essere luce a se stessi non vuol dire seguire la luce altrui, per quanto ragionevole, logica, storica e peraltro convincente essa sia. Non c'è più un come, c'è solo il vedere che è fare." Jiddu Krishnamurti
I momenti in cui ci sembra di vedere sono momenti sporadici, sono grazia purissima, momenti in cui il tempo sembra fermarsi, in una perfezione di tempi e attese.
E' questione di sguardi. Ci sono sguardi che puliscono l'anima in un batter di ciglia. La vita diventa come chiara e trasparente, si perdono i sensi di colpa, i veli di maya, l'illusione, cadono, e gli uomini si ritrovano in uno strano silenzio che si crea, si crea un vuoto che è pienezza, che tricorda luoghi già vissuti, incantati, di unione e pace e quiete eterna.
Nell' Hatha yoga c'è una postura, quella dell'aquila, Garuda, il veicolo del dio Vishnu, che ha del meraviglioso. Da Tadasana , che è la posizione in piedi, eretta, si sposta il nostro baricentro fisico e psichico dalla testa verso il basso, si scende verso la zona dell'ombelico. Poi si sposta il peso del corpo su un piede solo, l'altra gamba si accavalla a quella in appoggio e, contemporaneamente anche le braccia si portano in una mudra, cioè un gesto, un sigillo con le mani davanti agli occhi. Si sta lì, guardando avanti, oltre le mani, con lo sguardo proprio dell'aquila, con quella sua visione dall'alto, ampia a 360°. Se solo potessimo guardare e vedere con questa modalità, tutto sarebbe più chiaro, più nitido.La prospettiva è onnicomprensiva. Si vedono i pro e i contro, i lati luminosi e quelli bui. Si capirebbe subito che ad ogni salita corrisponde una discesa. La nostra visione della vita diventerebbe equanime. Le cose, dall'alto di Garuda si vedono finalmente per come sono. Ecco perchè è importante la pratica dello yoga: impariamo a fare qualcosa di inusuale con il corpo, fisicamente, mentre incarniamo profondamente anche un simbolo, un archetipo, un qualcosa valido per l'umanità intera.
Si tratta quindi di uscire da avidya per entrare in vidya, che come radice comune, le due parole sanscrite, hanno vid , che è la radice del verbo vedere.
Si tratta di cambiare visione, angolazione o meglio darshan, sempre in sanscrito. Si tratta di farsi portare, nella vita, dallo sguardo e dal respiro, in tutte le cose che facciamo e che pensiamo. Ogni buon praticante di yoga ha sempre la possibilità di arrivare, un giorno, a vedere.Ecco cosa scrive Pirandello in Uno, nessuno e centomila: "Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m'avevano data; cioé vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io, non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano”
Certo che quando vedremo, quando ci sarà data questa grazia, dopo tanto impegno e costante lavoro, sarà una tale sorpresa che non ci saranno parole per descrivere ma solo una beatitudine infinita: Satchitananda e allora continueremo a vivere la nostra vita, ma saremo in grado anche di sederci a veder crescere gli alberi.
Ogni cosa è illuminata.
Per chi è iscritto alla piattaforma si consiglia di praticare la seguente videolezione: La posizione di Garuda
Articolo scritto da Laura Dajelli