Che cos'è la meditazione?

Meditazione - La pratica del silenzio

Che cos’è la meditazione

Nello yoga si parla di dhyana. Si tratta di un termine difficile da tradurre poiché ricco di tante sfumature, ma è la parola che definisce la meditazione meglio di ogni altra interpretazione.

Nel testo intitolato Yogasutra - attribuito all’autore Patanjali - dhyana è una delle otto membra dell’ashtanga yoga e viene definito come uno stato di alta concentrazione, da non confondersi però con la contemplazione né con la preghiera. La meditazione è una pratica di apertura all’ascolto ed è considerata un grande strumento evolutivo a livello spirituale, poiché il silenzio porta saggezza. Si pratica da seduti, con le gambe incrociate o nella posizione del loto, oppure seduti su una sedia (solitamente non si medita stando sdraiati a terra, poiché è facile addormentarsi).

Perché meditare

La pratica della meditazione silenziosa assume un ruolo fondamentale all’interno della disciplina dello yoga. Seduti, si respira in modo consapevole. Il corpo si fa piano piano sempre più immobile e si assiste, lentamente, al silenzio di tutto il nostro corpo. Di solito il silenzio è solo un intermezzo tra le nostre parole, i discorsi, le relazioni e, a volte, questo silenzio risulta addirittura imbarazzante. Nonostante questo, mai come oggi le persone lo desiderano e lo cercano. Si fanno seminari di diversi giorni, in luoghi immersi nella natura incontaminata, lontani dallo stress della città e del proprio lavoro, per ritrovare un po’ di silenzio dentro di sé. Esistono diversi tipi di meditazione ma in ognuno di questi lo scopo è sempre lo stesso: cercare di acquietare le turbolenze della mente - vrtti in sanscrito - per avvicinarsi lentamente a quella condizione di rapimento chiamata shunya, che letteralmente significa “vuoto”, “vacuità”. Quello stato che è appunto svuotato, reso libero dai condizionamenti e dalle identificazioni, da tutto ciò che ha costruito la nostra personalità esteriore, il nostro io.

L’aiuto del mantra

Purtroppo, non sempre ad un corpo immobile e silenzioso corrispondono un’immobilità e un silenzio interiori. Spesso è proprio nel momento in cui ci si siede in silenzio, ad occhi chiusi, che una certa rumorosità di fondo inizia a farsi sentire.

In questo caso, per lo meno all’inizio del percorso meditativo personale, può essere di aiuto l’utilizzo di un mantra, termine che, tradotto dal sanscrito, significa “strumento per la mente”. Il mantra solitamente è composto da una o due parole che vengono mentalmente ripetute, associandole all’inspiro e all’espiro. Questo tipo di ripetizione silenziosa può davvero aiutare il praticante ogni volta che i pensieri prendono il sopravvento, permettendogli di riportare l’attenzione al respiro e al centro di stesso. Ogni volta che, durante una seduta di meditazione, ci si accorge che si sta pensando ai propri personali impegni, alle scadenze, al passato, al futuro… è come se ci si risvegliasse da un sonno. Ed è proprio in quel momento, nel momento del risvegliodel momento presente che stiamo praticando la meditazione.

Fare meditazione o essere meditazione?

Un errore comune è quello di esprimersi affermando di fare meditazione. In realtà la meditazione non è qualcosa che si fa, al massimo si stanno mettendo in pratica alcune tecniche di concentrazione (cioè siamo nello stato di dhyana). Dunque, al posto di fare meditazione si può provare a essere meditazione.

Swami Satyananda e Patanjali

La meditazione è uno stato che può sopraggiungere ad un certo punto della nostra vita solo se si dedica costantemente e pazientemente del tempo al silenzio e all’ascolto interiore. Il grande maestro SwamiSatyananda diceva che “quando è silenziosa e in pace, la mente diventa molto potente, si trasforma in uno strumento perfetto, un recettore di beatitudine e saggezza. La vita diviene flusso spontaneo, espressione di gioia. Tutto questo naturalmente avviene quando la mente è in uno stato di silenzio interiore. Tale silenzio interiore tuttavia non potrà mai generarsi fintanto che la mente sarà turbata da un continuo flusso di pensieri e di turbolenze emotive. Tutto il rumore interiore dei pensieri e delle emozioni deve essere allontanato prima che si possa sperimentare il suono senza suono del silenzio interiore.”
Questa citazione di Satyananda fa pensare immediatamente a un aforisma (sutra) presente negli Yogasutra. Nel definire che cos’è lo yoga, Patanjali si esprime così: yogas-citta-vrtti-nirodha, intendendo proprio definire lo yoga come un metodo, una strategia di soppressione delle turbolenze mentali per giungere all’essenzialità di una visione corretta, restando centrati sul momento presente.

A ognuno la sua pratica

Esistono diverse pratiche di meditazione. Eccone alcuni esempi:

  • la meditazione silenziosa di Antar Mouna;
  • la meditazione trascendentale con la ripetizione del mantra, trasmessa dal Guru Maharishi Mahesh Yogi(il famoso Guru dei The Beatles);
  • la meditazione dinamica di Osho;
  • la mindfullness di Kabat-Zinn;
  • la meditazione Zen (o Zazen) insegnata dal monaco Thich Nhat Hanh;
  • la meditazione vipassana derivante dalla tradizione buddhista theravada;
  • la meditazione kundalini insegnata da Yogi Bhajan;
  • la meditazione guidata, utile in particolare ai neofiti in quanto si è facilitati dal farsi condurre dalla voce e dalle parole dell’insegnante.

Esistono tante tecniche e molteplici sono le modalità offerte ad ogni praticante, ma è bene tenere a mente che, per ognuna di esse, lo scopo rimane lo stesso: acquietare la mente e fare silenzio dentro di sé.

Benefici

Spesso si perde tempo vivendo fuori da se stessi, ci si dimentica di prestare attenzione al meraviglioso succedersi delle trasformazioni dentro di sé. Studi scientifici hanno dimostrato che durante la meditazione avvengono cambiamenti in almeno otto aree del cervello. In particolare, si assiste alla riduzione del volume dell’amigdala, una ghiandola legata alla gestione delle emozioni e connessa soprattutto alla paura, e all’aumento invece della corteccia cingolata anteriore, deputata al controllo dell’attenzione.

“Una mente distratta è una mente infelice”

Nel 2010, all’interno della rivista Science, è stato pubblicato uno studio fatto ad Harvard dal titolo “Una mente distratta è una mente infelice”. Probabilmente anche il Bhudda 2500 anni fa, avrebbe potuto scrivere lo stesso titolo quando, dopo aver toccato terra con la mano, seduto a gambe incrociate sotto ad un albero, si risvegliò.

Non siamo fatti per essere felici. In realtà siamo fatti per essere tranquilli, quieti, per poter vivere la nostra vita fatta di azioni e non di re-azioni che ci portano spesso in situazioni difficili, vittime a volte di conseguenze irreparabili.

Pazienza e costanza

Si può fare quando si vuole, in ogni momento della giornata. L’importante è la costanza, tutti i giorni trovare del tempo. Piano piano si imparerà a ritagliarsi momenti specifici della giornata, in un angolo della propria abitazione che magari verrà adibito solo a quello. Basta poco: un piccolo tappeto, oppure un cuscino per stare più comodi nella seduta o una sedia, magari una candela o, per chi vuole, un incenso naturale.

Bisogna trovare il coraggio di farlo: sedersi e provare a stare un po’ soli con se stessi, osservare cosa accade dentro di noi, respirando con consapevolezza e senza distrarsi. Se ci si distrae e la mente inizia a vagare, torneremo in modo gentile, ma deciso al nostro respiro.

Per gli iscritti alla piattaforma si consiglia di praticare la seguente lezione https://yogaonline.rhamni.it/courses/la-purificazione-delle-nadi/

Articolo scritto da L. Dajelli, Founder and Director Rhamni 

Ragazzi che fanno yoga
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